Difficoltà di apprendimento: come affrontarle

Tuo figlio non ce la fa a venirne fuori con il compito di matematica, troppo difficile. Approfondendo meglio cosa trovi di tanto complicato nel compito, sembra che non abbia nemmeno letto bene il testo del problema.
Non è un bambino privo di capacità, si vede che è intuitivo, ma a scuola ha un rendimento variabile e gli insegnanti non sanno cosa pensare; lo trovano spesso deconcentrato. Anche nello sport e nei giochi ha un comportamento altalenante: o riesce bene o si arrabbia e lascia perdere.

La scuola però è l’ambito più sofferto, perché pare ci siano delle difficoltà di apprendimento. La matematica è un vero scoglio, ma si perde anche nei riassunti; persino la lettura è poco curata, infatti è piuttosto approssimativo a leggere anche testi semplici. Tuttavia, comprende ciò che legge, benché la sua ricostruzione del testo letto sia un po’ confusa nell’ordine degli eventi. In altre situazioni, invece, è molto brillante; tante volte infatti riesce ad anticipare i suoi compagni nel dare una risposta, e a dimostrare notevoli capacità.

Allora perché il bambino ha queste difficoltà di apprendimento? Perché non apprende sempre come saprebbe fare? Nei bambini con difficoltà di apprendimento, una concentrazione così discontinua è la causa del problema o è l’effetto di qualcos’altro? Probabilmente ti sei posto diverse volte queste domande riguardo a tuo figlio, e vorresti saperne un po’ di più. Se così fosse, ti può esser utile proseguire la lettura, perché scoprirai come aiutare tuo figlio a superarle. Ti offrirò infatti, l’opportunità di riprendere in mano il timone della nave sul tema dell’apprendimento.

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1. Ha difficoltà di apprendimento: che sia un bambino svogliato?

È difficile per un genitore capire come comportarsi in situazioni come quella descritta sopra, cioè quando ci sono delle difficoltà di apprendimento scolastico ma si notano anche delle evidenti capacità. Spesso è molto dura spronare un bambino così nello studio; molte volte sembra che il genitore debba fare l’insegnante a casa, perché pare che quelle cose non le abbia spiegate nessuno al bambino. In realtà a scuola è stato trattato l’argomento, e sono stati fatti anche gli esercizi necessari; ma alcune volte lui li assimila molto bene, altre invece in modo del tutto inadeguato.

Sospettando che tuo figlio faccia solamente dei capricci, potresti pensare di lasciarlo tutto solo a svolgere i compiti, ma ti accorgi che il lavoro a casa è tanto per lui; forse ce la farebbe, però molte volte gli richiederebbe tanto tempo. E così, a casa sei spesso costretta/o a studiare con lui per ore ed ore o a spingerlo a concludere i suoi compiti; un lavoro che spesso drena risorse a lui, ma anche a te e al tuo partner.
A lungo andare, questa situazione innervosisce tutti e lascia degli strascichi anche nelle cose che fate dopo i compiti e lo studio; perché la tensione accumulata prima, ha bisogno di tempo per essere smaltita. Tanto più che quel suo atteggiamento così ondivago ti spinge a mettere in dubbio il suo impegno e a vederlo come un bambino svogliato. In realtà non è affatto così, come scoprirai tra un momento.

2. Che abbia qualche disturbo?

Ne ho visti tanti di bambini con generiche difficoltà di apprendimento, che sono stati spesso inviati ai servizi sanitari per una valutazione, e poi non ha evidenziato alcun disturbo.
Non solo bambini, ma anche ragazzi, con i quali la cosa si complica perché subentrano anche le problematiche tipiche dell’adolescenza. Questo accade molte volte, specie con bambini agli inizi dell’età scolare; perché la situazione è ancora molto incerta e i servizi stentano ad esprimere una diagnosi.

Molte volte, inviarli per una diagnosi non serve nemmeno, perché agli occhi di un attento osservatore è evidente che non c’è alcun disturbo; probabilmente serve lasciare semplicemente che il bambino maturi. Legge male o è dislessico? Sono due cose piuttosto diverse. È vivace o è iperattivo? Anche qui, due situazioni estremamente diverse. È autisticoafasico?

Difficilmente i servizi sanitari emettono una diagnosi già in prima elementare. Però a te che sei un genitore o un insegnante il problema rimane, e quell’anno o due in attesa di un intervento mirato cambia molte cose. Altre volte, invece, la pressione della scuola sulle famiglie induce queste a ricorrere ai servizi con più insistenza, forzare la mano sulla certificazione di qualche disturbo.

Il caso più emblematico, in Italia, è quello della dislessia, come rilevato da alcune indagini che evidenziano il ricorso spropositato a segnalazioni di bambini per dsa, che poi non hanno. Questo ha comportato di inserire quei bambini in percorsi di trattamento impropri per i loro bisogni, o di allontanarli da trattamenti più idonei a loro.
Ciò avviene perché su alcuni tipi di difficoltà, non è possibile dire in modo semplicistico se siano presenti o meno dei chiari disturbi; è quello che avviene nei casi borderline, situazioni a metà strada tra una situazione normale ed un disturbo.

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3. La leva per interagire efficacemente con il bambino e le sue difficoltà di apprendimento

a. Quali sono le difficoltà di apprendimento

Non ti sto né spingendo a richiedere una diagnosi il prima possibile, né a sottovalutarla; ti sto sensibilizzando al fatto che verso bambini con difficoltà di apprendimento, non serve attendere una certificazione o a rincorrerla per poterli mettere nelle condizioni adeguate a crescere.
Puoi educare gli apprendimenti del bambino indipendentemente da qualunque disturbo abbia; perché per questo non serve una diagnosi, ma serve semplicemente una comprensione delle modalità attraverso le quali si esprime la sua difficoltà/disturbo.

Se ti chiedi quali siano le difficoltà di apprendimento, sappi che la casistica è molto ampia, comprende la dislessia, la disgrafia e la discalculia, cioè i cosiddetti disturbi specifici di apprendimento (DSA), ma comprende anche altri disturbi che possono condizionare l’apprendimento; pensa ad esempio all’iperattività, che condiziona le opportunità di apprendimento in modo molto marcato. Come riconoscere le difficoltà di apprendimento è, poi, un capitolo ancora più vasto. Perciò, non focalizzarti su questo, perché non sei nella condizione di poterlo valutare tu, qui ed ora; ciò che invece puoi fare sin da subito è gestire la difficoltà, con criterio.

b. La leva per interagire efficacemente

Dal punto di vista pedagogico, infatti, interessa poco dare un nome a questa difficoltà; ciò che conta è descrivere il modo in cui essa si esprime nel qui ed ora del bambino, prendendo in considerazione quante più aree possibili della sua personalità. Il bambino descritto in apertura è un bambino intelligente e sensibile, che in molte circostanze riesce ad esprimersi al meglio, ma il più delle volte fallisce le prove in cui si cimenta: a scuola e al di fuori di essa. È piuttosto evidente che questa sua difficoltà nel riuscire, anche in cose divertenti come il gioco e lo sport, sia la causa della sua svogliatezza, anziché esserne l’effetto.

Pertanto, se non si agisce sul suo senso di efficacia, è molto difficile che lui provi il piacere di impegnarsi nelle attività della vita quotidiana, specie le meno stimolanti; e se non lo si fa quanto prima, lui continua a vivere male questa sua particolarità, trovandosi spesso anche a provare delle sensazioni di rabbia o di invidia per non riuscire a raggiungere il livello che ritiene essere alla sua portata. Aumentare il senso di efficacia percepito dal bambino è la leva principale per aiutarlo a superare le difficoltà che incontra. Ora ti spiego come farlo.

4. Le quattro fondamentali strategie per superare le difficoltà di apprendimento

Se una situazione simile coinvolge anche te che sei un genitore, o comunque che ti chiedi come aiutare bambini con difficoltà di apprendimento, ti presento ora delle strategie utili a favorire gli apprendimenti in un bambino, e a dargli l’opportunità di iniziare finalmente a percepirsi come efficace nelle attività che svolge.

1a. Matematica: cosa richiede?

Parto da qui, perché i bambini con difficoltà di apprendimento incontrano proprio nell’area logico matematica uno degli scogli più duri da superare; penso in particolare ai problemi matematici. Un problema matematico presenta diversi livelli di difficoltà: c’è un testo, ci sono dei dati, ci sono delle richieste, ed è necessario utilizzare quei dati per giungere ad una soluzione. Quindi, un problema richiede numerose competenze, per quanto semplice possa essere:

– bisogna saper leggere, nel senso di avere una buona capacità di lettura, che permetta di comprendere pienamente la consegna del compito;
– bisogna avere una discreta capacità di scrittura, per tradurre immediatamente i processi logici in una forma scritta, che sia chiara e comprensibile nella rilettura;
– è necessaria una buona capacità di mettere in sequenza i vari elementi del problema (dati espliciti, dati mancanti, domande intermedie, soluzione finale);
– ultimo, ma non ultimo, serve un livello di maturazione adatto alla complessità del compito.

Come vedi, qui dentro c’è un po’ di tutto: lettura, scrittura, logica, maturazione delle strutture necessarie (intellettiva, cognitiva, ecc.). Se una di queste abilità incontra una difficoltà, va da sé che l’intero processo risulta sofferente; tuttavia lo stesso accade anche se le singole abilità sono adeguate ma c’è una carenza di “ordine” nel modo in cui queste vengono svolte. Infatti, un problema piuttosto frequente di alcuni bambini è di non riuscire a mettere in ordine le cose; figurarsi quando si tratta di coniugare insieme tante abilità per risolvere un problema complesso.

1b. Matematica: cosa fare?

A noi ora non interessa il perché ciò avvenga, ma ci interessa averlo compreso e, a partire da questo, poter trovare una soluzione efficace alla sua difficoltà; in modo che possa affrontare serenamente i compiti e le attività che lo riguardano, iniziando a scoprirsi abile ed efficace. Perciò, quello che tu puoi fare in questo caso è agire nel modo seguente:

– Fagli rileggere più volte il testo del problema. Ti sei accorto che ha intuito, che molte volte ce la fa a risolvere i problemi; allora dagli il tempo, digli di leggerlo due o tre volte; e digli di farlo come preferisce, a voce alta, a voce bassa o a mente.
– Ora chiedigli di estrarre i dati e di isolare la domanda.
– Se il problema è più complesso, ad esempio ci sono dati mancanti o ci sono domande intermedie, verbalizzagli la particolare difficoltà del problema; lui si è reso conto della maggiore difficoltà, quindi tu conferma questa sua percezione. Poi insieme a lui scomponete il problema in sotto-problemi: prima i dati e la domanda iniziale, poi i dati e la domanda intermedia, poi dati e la domanda finale.

Così facendo, lo aiuti a mettere in sequenza le cose, consentendogli di far correre il motore della sua mente alla giusta velocità. Lui si percepirà più efficace e sarà indotto a ricercare il piacere di quel successo; ed essendo intelligente, acquisirà facilmente quel metodo, facendolo proprio.

2. Pensiero

Al pari di un problema di matematica, tutte le altre forme in cui si esprime il pensiero, come l’intelligenza e i processi cognitivi, risentono della difficoltà a mettere in ordine le cose. Esiste uno strumento in grado di rafforzare il pensiero, ed è il linguaggio. Infatti, puoi utilizzare il linguaggio per favorire nel bambino i processi logici in tutte le loro forme.
Ad esempio, pensa alle difficoltà con i riassunti; un esercizio molto semplice per stimolare il bambino a produrne consiste nel fargli raccontare le esperienze che fa nella vita di tutti i giorni, come un gioco, una gita, un incontro sportivo, richiedendogli di riassumere a voce alta la sequenza temporale degli eventi.
Oppure di ripercorrerla a ritroso, dalla fine al principio; o anche di riformularlo con altre parole, arricchendo la frase con altri contenuti.
Questo gioco lo può fare per ogni nuova esperienza che lo entusiasmi particolarmente, perché è un tema su cui è molto motivato e possiede già dentro di sé le cose da raccontare; deve solo trovare il modo migliore per metterle nel giusto ordine.
Inoltre, non c’è bisogno che ci si sieda al tavolo per farlo come se fosse un compito; è molto più stimolante chiedere al bambino di raccontare l’episodio nei ritagli di tempo: in auto mentre lo porti all’attività sportiva, la sera quando guardate la tv, ecc.

3. Motricità

Pensiero e movimenti sono due aspetti strettamente intrecciati tra loro; e anche qui il linguaggio ha una capacità di influenzarli in modo sorprendente.
Quello che ti suggerisco di fare è di giocare col tuo bambino, tanto, tantissimo: muovetevi, correte, giocate con pallone, a tirarvelo con le mani o con i piedi.
Prendi, ad esempio, una palla leggera. Potete giocarci tirandovela con le mani e contando a voce alta; ogni volta che a uno scivola di mano e cade a terra, quella persona prende una lettera di una parola (quando ero bambino usavamo la parola “asino”; ma ne puoi trovare certamente una più simpatica); il primo che completa la parola ha perso.
Poi si ricomincia con un passaggio più difficile, ad esempio con una mano sola, o contando al contrario, o tutte e due le cose insieme; ma si può complicare ancora, tenendo un piede alzato o un occhio chiuso. Insomma, va bene qualunque cosa che renda più complesso il gioco e sviluppi le sue abilità.
Sembra una cosa banale, ma questo aiuta molto a mettere in ordine i movimenti e i pensieri, e non costa nulla.

4. Motivazione

Non mi stuferò mai di dire che la motivazione è il motore dello sviluppo di una persona; se la motivazione a crescere o ad apprendere non viene costantemente alimentata nel bambino, il processo rallenta tantissimo.
Ecco perché è opportuno che tu faccia di tutto per tenere sempre alta la sua motivazione ad impegnarsi, perché così mantieni intatta e rigogliosa l’immagine più positiva di sé che tuo figlio possa sviluppare.
Questo non significa solamente spronarlo e incoraggiarlo a parole; ma vuol dire creare le condizioni affinché si scopra efficace. E il modo migliore per farlo è di lavorare progressivamente sulla zona di sviluppo prossimale, dandogli degli stimoli progressivamente più ricchi.

Conclusioni

Ora che hai scoperto come poter essere di aiuto a tuo figlio per aumentare le sue opportunità di apprendimento e ridurne le difficoltà, hai la possibilità di renderlo più sicuro nell’affrontare gli impegni scolastici di tutti i giorni.
Forse all’inizio ti potrà sembrare impegnativo curare questi aspetti in modo corretto e sistematico, ma vedrai che con un po’ di pratica tutto diventerà automatico.
Ciò che ti spronerà ad impegnarti di più in tutto questo saranno gli effetti che queste strategie genereranno in tuo figlio, il quale comprenderà che tu sei lì al suo fianco per aiutarlo a leggere meglio dentro se stesso; da questo trarrà certamente le energie per superare le difficoltà che al momento incontra.
Se sei alla ricerca di riposte ad altri dubbi sulla tua pratica educativa, che ti aiutino a non innervosirti più con tuo figlio e ad evitare alcuni degli errori più insidiosi per un genitore, ti suggerisco di scaricare l’ebook che metto a tua disposizione gratuitamente.

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