“Adolescenza problemi”: è proprio così?

Adolescenza, problemi, difficoltà, sono concetti molto legati nella mente dei genitori; ma vediamo di capire meglio se sia proprio così e partiamo da un esempio.

Giordy ha quattordici anni e rientra in casa dopo la mattina trascorsa a scuola; getta lo zaino a terra e se ne va in camera senza dire nulla. Suo padre lo saluta, ma il figlio gli risponde a monosillabi. Interviene anche la madre, che chiede se è successo qualcosa per avere un atteggiamento di quel tipo; ma Giordy ribatte seccato che non deve esserci necessariamente qualche problema se lui non ha voglia di parlare. Aggiunge che è stanco e non ha fame, vuole solo riposarsi un po’ senza che altri lo assillino. La conversazione si esaurisce rapidamente, poiché il ragazzo si gira stizzito e si dirige verso la propria camera.

Anche Chloé si comporta in un modo simile; è molto evasiva verso i tentativi dei suoi genitori di avvicinarla e parlarle. I due rimangono spesso basiti e frustrati per l’atteggiamento distaccato della ragazza, ormai consueto nelle loro giornate. Sanno che l’adolescenza è un periodo complicato, ma non pensavano che lo fosse così tanto.
Ho citato i personaggi e le situazioni del mio romanzo Essere Genitore Oggi per esprimere il concetto che in adolescenza i problemi con i genitori sono spesso all’ordine del giorno e non è sempre facile capire capire come orientarsi per tenere un comportamento adeguato.

Un genitore una volta mi ha detto che con suo figlio non sapeva se essere più infastidito dalla sfrontatezza delle sue risposte o dalla pesantezza dei suoi silenzi. Sono due situazioni piuttosto frequenti quando un figlio attraversa la preadolescenza e l’adolescenza; più cresce, più sembra che la cosa si enfatizzi. Si chiude in camera sua per ore, è schivo di fronte ai tentativi degli adulti di avviare una discussione qualunque, esce di casa ma non si sa esattamente dove vada. Per molti versi, sembra che si facciano vite separate.

In fondo, il distacco è proprio ciò che sta accadendo, ed è nella logica delle cose; lui/lei si sta formando per diventare adulto/a, ma dato che i suoi repentini cambiamenti si susseguono sotto i tuoi occhi, tu stenti a riconoscerli.
Certe volte vorresti anche evitare di notarli, perché sei sempre legato/a ad una visione di tuo/a figlio/a diversa da quella che stai cercando di accettare.
Come tutte le cose, anche questa ha certamente una fine; prima o poi il ragazzo/a diventa adulto/a e prende la sua strada. Tuttavia, come ci si arriva fa la differenza tra avere una vita serena e soddisfacente, piuttosto che insopportabile; infatti, gli errori sono sempre dietro l’angolo.

Se stai navigando in queste acque turbolente e non sai quale direzione prendere, allora ti posso dare una bussola per ritrovare la rotta giusta e governare meglio molte conflittualità che talvolta coinvolgono adolescenza e genitori. 
Cerca di seguire con pazienza le indicazioni che ti fornisco e vedrai che i litigi continui tra di voi, la difficoltà a parlarsi e capirsi, la sua emarginazione dalla vostra vita famigliare, faranno presto parte solo del vostro passato. Non ti prometto miracoli, ma ora potrai iniziare a dialogare su un altro piano, così da dare alla vostra navigazione una rotta meno turbolenta.
L’orizzonte che ti devi dare è di poter passare a tuo figlio il timone della sua vita, con la serenità che possa gestirlo al meglio delle sue capacità. Ora ti indico i passi da fare.

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1. Come vedi l’adolescente dal di fuori

Educare un adolescente è un’attività molto stimolante ma complessa; il rapporto genitori e figli in questa fase può essere piuttosto complicato. I problemi adolescenziali emergono in tutta la loro intensità, tanto che nella mente di molte persone «adolescenza – problemi» rappresenta un binomio per antonomasia. Penso, ad esempio, all’adolescenza difficile e all’aggressività, o anche semplicemente ad un rapporto conflittuale madre figlia, a quei momenti in cui la principale domanda che si pone un genitore sulla adolescenza è come affrontarla.

In questa fase dello sviluppo, farsi ascoltare dai ragazzi è molto dura; loro sono presi da altro, dal mondo che stanno imparando a conoscere, e non sei più tu il centro del loro universo. Se anche ti ascoltano, cosa non scontata, ti danno l’impressione di non sentirti; e spesso lo fanno anche apposta. Gli adolescenti hanno le cuffie perennemente nelle orecchie, lo sguardo perso in una dimensione parallela alla tua, la community sempre a portata di mano, e ti forniscono delle risposte costantemente in contro-tempo rispetto alle tue richieste.

Tutto questo è ammantato da quella caratteristica allure di spocchia che irrobustisce il fastidio, già notevole, che talvolta puoi provare nel discutere con loro. Anche questo fa parte della logica del distacco che stanno sperimentando: farti sentire inadeguato è infatti una strategia per tenerti lontano, e paga molto bene. Ovviamente tu ci provi comunque a dialogare, ti metti in gioco con tutta la più buona volontà. Questo fa parte del tuo ruolo di madre o di padre, persino quando vorresti allontanarlo da casa tua, diseredarlo e condannarlo alla damnatio memoriae. Ma nonostante gli sforzi, non sai mai da che verso prenderli, e men che meno sai se il tuo comportamento susciterà una reazione eccessiva in loro. Alcune volte, questa situazione mette in crisi non solo te o le interazioni con tuo figlio, ma anche il rapporto col tuo partner, perché può essere difficile mettere insieme visioni diverse quando si è sotto pressione.

2. How an adolescent experiences his/her discomfort

Nel capitolo della tua vita denominato “figli in adolescenza”, è del tutto normale che sia presente una certa difficoltà ad interagire con i figli; come sai, e come cercherò di spiegarti meglio, è fisiologico che da parte loro ci sia un po’ di chiusura nei confronti dei propri genitori.
Ma quando la relazione inizia a farsi così tesa da rendere difficili anche gli scambi quotidiani più elementari, allora il rapporto con tuo figlio rischia di prendere una piega dolorosa, poco funzionale alle sue opportunità di realizzazione personale ed estremamente pesante per te da vivere quotidianamente.

Questo vale soprattutto quando un atteggiamento simile si ripercuote anche sulle attività che lui/lei porta avanti; ad esempio, se il rendimento scolastico è basso ed esprime alcune difficoltà di apprendimento a scuola; ma anche se questo disinteresse riguarda gli altri aspetti della sua vita, e lo/la spinge a rintanarsi in camera sua: niente amici, pochi interessi, poco studio e magari nessuna voglia di pensare ad una possibile occupazione professionale.
Inoltre, in alcuni casi il rapporto si fa così difficile da condurre anche ad esiti molto sofferti; penso ai disturbi alimentari, ai fenomeni di devianza, più o meno gravi, al bullismo e altro ancora.

Indipendentemente dal fatto che il ragazzo sia vittima di questi fenomeni o che renda altri coetanei vittime delle sue prevaricazioni, si tratta comunque di una condizione negativa alla quale non è possibile essere indifferenti, e che lui potrebbe pagare molto cara nel corso della sua vita. Verosimilmente, quel costo lo sconteranno anche i suoi genitori. Che cosa fare, allora, per educare un adolescente? O, meglio, con l’adolescenza come comportarsi?

3. Adolescenza, una fase da scavallare

Personalmente, ho sempre ritenuto l’adolescenza il momento in cui, tendenzialmente, un genitore paga il prezzo maggiore del proprio operato educativo precedente, rispetto a tutto il ciclo di vita. Naturalmente, posso anche sbagliarmi; ma fino ad ora non ho ancora avuto modo di ricredermi. Per un genitore, l’adolescenza è la stagione del raccolto, quella in cui si raccolgono i frutti di ciò che si è seminato; come tutti i raccolti può essere più o meno ricco, perché dipende da come si è coltivato e anche dalle intemperie che possono aver leso una parte delle potenzialità della coltura.

Meglio si è seguito il bambino da piccolo, garantendogli risposte adeguate ai suoi bisogni di crescita, e più è semplice trovare il giusto compromesso con l’adolescente nella contrattazione di tutti i giorni. Infatti, l’adolescenza è anche la fase del conflitto per eccellenza, il momento in cui due realtà, due mondi, ovvero la famiglia e l’adolescente, si separano l’uno dall’altra come mai è stato fatto prima.
Ciò avviene come tutte le scissioni: dolorosamente. Magari per un tempo contenuto o con poca intensità; ma certamente la formazione di quella nuova identità incarnata dal ragazzo non può che generare uno squilibrio all’interno delle mura domestiche; e conseguentemente, un nuovo equilibrio. Questo significa inevitabilmente cambiare, e riguarda sia lui sia noi genitori.

Naturalmente anche prima, durante l’infanzia, e anche dopo, nella giovinezza e in età adulta, ci possono essere delle difficoltà. Coi bambini ci sono i capricci o le difficoltà di apprendimento che potrebbero emergere; con i giovani c’è poi il grosso tema del lavoro, lo sforzo di trovare un’occupazione stabile. Ma mai come in adolescenza esiste nel quotidiano ordine del giorno un conflitto così radicato.
Dato, poi, che nei momenti di conflitto si tende a far venire fuori tutto ciò che non va bene, la logica conseguenza è che in quella fase dello sviluppo scaturiscano delle critiche pesanti o delle rivendicazioni continue e reciproche. Ecco perché credo che qui i genitori paghino il prezzo maggiore del loro operato, scontato il quale tutto può diventare più tollerabile.

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4. La chiave di lettura per interagire con un adolescente

Io adoro gli adolescenti e i preadolescenti; appartengono ad una fascia d’età con la quale ho sempre avuto una notevole dimestichezza nel relazionarmi. Mi piace la genuinità di quella sfrontatezza che esprimono man mano che crescono e che si sentono un po’ più sicuri dei propri mezzi, con la quale riesco ad entrare in sintonia molto bene e ad introdurre degli elementi di crescita laddove meno se lo aspettano. Discutere con un adolescente è un’operazione molto più semplice di quanto sembri; specialmente se in precedenza hai costruito delle solide basi relazionali e hai gestito i capricci del tuo bambino in modo efficace.

Per interloquire in modo adeguato con un adolescente, bisogna essenzialmente possedere la giusta chiave di lettura del suo modo di pensare alle cose e di viverle, sapendo che pretende di ottenere dagli altri il massimo riconoscimento possibile della propria identità; benché questa identità non sia nemmeno ancora ben definita. Questo è il paradosso più intrigante dell’adolescenza: da lui, oggi un cantante è ritenuto dio in terra, ma già domani non sarà più nessuno, perché avrà lasciato il posto ad un altro mito (sempre lontano dal proprio mondo e, perciò, irraggiungibile ed incontestabile). Proprio questo paradosso, così evidente in tanti aspetti ed esperienze di tuo figlio, crea le occasioni più adeguate in cui ti puoi inserire per riportarlo con i piedi per terra, e acquisire una maggiore autorevolezza ai suoi occhi. Vedremo come.

Tornando alla chiave di lettura, io ti suggerisco di adottarne una fatta di questi tre elementi: la consapevolezza, che consiste nel renderti conto di cosa ti serva per relazionarti correttamente con un adolescente, cioè gli strumenti giusti; la serenità, che puoi conquistare mostrandoti irreprensibile, ed è un modo di essere che devi curare al meglio; l’efficacia, che ottieni coltivando una buona capacità di contrattazione, e che rappresenta la leva migliore per essere preso in considerazione da tuo figlio in questa delicata fase evolutiva. Nelle righe che seguono comprenderai la ragione per la quale ti indico questi aspetti e anche il modo di realizzarli.

5. Interagire con l’adolescente per aiutarlo ad uscire dalla marginalità

Questa intuizione nasce sia da ciò che ho studiato in merito alla preadolescenza e all’adolescenza, sia dall’esperienza educativa che ho avuto con ragazzi e ragazze di varie età e problematiche. Riguardo alla mia formazione, ad esempio, ho potuto apprendere una cosa molto importante, cioè che l’adolescenza mette il ragazzo in una condizione di «marginalità», nel senso che lo colloca ai margini di molte situazioni e contesti della sua vita: fa parte di una famiglia ma vive ai suoi margini poiché la mette in discussione, pur avendone comunque un grande bisogno. E non lo fa solo con la famiglia.

In alcuni casi si crea una marginalità protratta nel tempo che rende estremamente difficile al ragazzo poter cogliere importanti opportunità, come poter conseguire un titolo di studio o poter trovare una soddisfacente collocazione occupazionale. È il caso di chi frequenta un corso di studi, le superiori o l’università, ma senza portarlo a compimento, o di chi cerca lavoro, ma agisce senza alcuna convinzione, come se la sola ricerca fosse il suo reale lavoro.

In sostanza, replica lo stile di vita marginale anche a quei settori che, nel passaggio dall’adolescenza alla giovinezza, sono i più importanti per l’investimento sul suo futuro.
Senza un lavoro, il ragazzo non percepisce uno stipendio, non può mantenere se stesso, non può lasciare la famiglia di origine per crearsene una propria e, di conseguenza, rimane sostanzialmente un adolescente anche se ormai è già un soggetto adulto. È un fenomeno noto come «marginalità sociale». Per questa ragione, l’adolescenza va accompagnata con le modalità giuste, per far evolvere la persona affinché raggiunga un’età adulta equilibrata, che gli consenta di rendersi concretamente indipendente e di emanciparsi in modo completo dalla propria famiglia.

6. L’adolescente, un quasi-adulto

Giunto all’adolescenza, dal punto di vista mentale tuo/a figlio/a dispone di tutti gli “strumenti” che possiedi tu. Come te, ora anche lui/lei ha maturato l’ultimo stadio dello sviluppo cognitivo, il ragionamento ipotetico deduttivo, e lo utilizza appieno. Da questo momento, è in grado di ragionare in astratto sugli eventi, senza l’aiuto della percezione diretta di un’esperienza o di un oggetto, se deve identificare la regola che li governa, per ipotizzare dei possibili effetti che questi eventi possono avere.

È ciò che facciamo noi adulti, quello che fai tu e che ti permette di fare delle previsioni attendibili sull’esito di una cosa che ti interessa: del lavoro, delle relazioni con gli altri, della tua vita in generale. Ora lo sa fare anche lui, e si sente molto forte in questo, tanto che ne estremizza l’impiego sempre di più. Te ne accorgi spesso, come quando mette in discussione le tue idee; non lo fa più alzando le spalle come fanno i bambini, lui usa le parole e il ragionamento. Benché segua una sua logica, non è ancora un ragionamento molto raffinato e completamente attendibile. All’adolescente, infatti, manca ancora un tassello per essere pienamente un adulto, e affinché possa utilizzare il ragionamento alla maniera degli adulti. Riesci ad arrivarci da solo?

Ti fornisco un piccolo aiuto; rifletti su cosa fa la differenza tra te oggi e te l’anno scorso. Ora dovresti esserci arrivato: la differenza consiste nella «esperienza». Se hai 30-40 anni, la differenza rispetto all’anno scorso è semplicemente dovuta ad un anno in più di esperienze sulle tue spalle; queste esperienze ti hanno certamente cambiato, ma quando ragioni tu utilizzi sostanzialmente ancora gli stessi strumenti cognitivi dell’anno precedente. La differenza è che confronti il risultato delle tue previsioni con un insieme maggiore di termini di paragone, e disponi di qualche strategia in più.

Torniamo a tuo figlio; ora che è adolescente, ha in mano uno strumento potente, che gli permette di riflettere a 360° su ciò che colpisce la sua attenzione, ma lo fa ancora in modo teorico, astratto; perché gli manca un robusto confronto con i dati della realtà, che otterrà proprio dalle esperienze che coltiverà in futuro. In sostanza, possiamo dire che lui vive nell’«anno zero» della sua esperienza adulta, cioè il momento in cui dispone di tutti i mezzi necessari per essere un adulto, ma deve ancora capire come funzionano, quali ne sono i punti di forza e quelli di debolezza. Tu invece di esperienza ne hai tantissima e sai bene se uno dei ragionamenti di tuo figlio verrà falsificato dall’esperienza. Il problema è che non puoi dirglielo; almeno non nel modo che avresti usato fino a pochi anni prima.

Con questo ti ho introdotto ad un primo elemento conoscitivo di cui devi avere la giusta consapevolezza per gestire il rapporto con tuo figlio. Se non parti da questa prospettiva non comprendi pienamente la logica che governa il suo comportamento e soprattutto non riesci né ad apprezzare il grande salto evolutivo che sta compiendo, né il tallone di Achille che lo contraddistingue.

7. I tre capisaldi di un rapporto che riduce i problemi in adolescenza

Adesso che hai conosciuto bene questi aspetti, comprendi meglio la necessità di moderare il tuo atteggiamento nei confronti di tuo figlio, mediando più di prima le tue reazioni verso di lui. Più lo prendi di petto e contesti esplicitamente le sue scelte, più spingi lui e te in un angolo cieco dal quale non se ne viene fuori. Se, invece, apprezzi i suoi tentativi di imparare di nuovo a “camminare” con le proprie gambe, quando sperimenta l’uso dei suoi nuovi mezzi, riesci ad accompagnare la sua andatura ancora claudicante con una maggiore serenità e, quindi, con un’efficacia più marcata.
Detto questo, ora ti indico i principali capisaldi di un proficuo rapporto tra adolescenza e genitori.

a) I tre contesti dell’adolescenza

Abbiamo parlato dello sviluppo che ha avuto tuo figlio in questa fase e di come la sua mente sia maturata rispetto a prima. Abbiamo anche visto che questa conquista non gli è sufficiente, perché ora ha bisogno di confrontarsi con l’esperienza. Bene, questa ambivalenza lo rende fragile, poiché per certi aspetti è molto deciso, mentre per altri è spaventato; una fragilità, questa, che lo rende piuttosto rigido nelle scelte o nei giudizi, e lo spinge, da una parte, a mettere in discussione il suo ambiente di origine e, dall’altra, a ricercare un nuovo ambiente in cui sentirsi riconosciuto nella propria identità. Questo ti fa capire quanto sia facile a questa età essere preda di malintenzionati; d’altra parte sono sensazioni che tutti abbiamo provato.

Ma come può un adolescente uscire da questa situazione paradossale, in cui il mondo adulto, quello della famiglia, viene messo in discussione, e il mondo giovanile, di cui ha un disperato bisogno per sentirsi pienamente riconosciuto, si trova immerso nella sua stessa sostanza e nelle medesime difficoltà? La risposta è nel tipo di adulti di riferimento che riesce a trovare al di fuori dei suoi genitori: amici, conoscenti, zii, insegnanti, allenatori, istruttori, e tutti quegli altri adulti significativi nella vita di tuo/a figlio/a che possono consentirgli di evolversi.

Un adolescente, infatti, ha bisogno di un gruppo di pari con i quali mettere in discussione le regole del mondo adulto per trovarne di proprie, di una famiglia in cui trovare la necessaria rassicurazione nei momenti di difficoltà, che comunque ci sono e sono pesanti, ma anche di un gruppo di adulti per lui significativi con i quali poter progredire. In diversi momenti della sua vita, l’adolescente ha bisogno di questi tre contesti.

Che cosa significa progredire? Vuol dire che deve poter trovare in alcune persone degli stimoli adeguati a mettere insieme i due mondi (giovanile e adulto), per poter trovare un’identità sufficientemente accettabile che lo caratterizzi, così da riuscire ad accedere, finalmente, alla realtà che ora gli attiene: il mondo dei grandi.

Che cosa puoi fare tu per agevolare questo processo in tuo/a figlio/a? Interagire con lei/lui da una certa distanza, senza invadenza, per poterle/gli garantire la possibilità di sentirsi diverso da te (che è ciò che vuole), ma senza che debba fuggire da te (che non è ciò che vuole).
Partendo da qui, devi attendere che sia lui a fare le sue scelte e a trovare le figure significative più adatte a costruire l’identità che sente propria. Nel caso in cui non le trovi, o che quelle che individua rischino di portarlo su una cattiva strada, è certamente doveroso da parte tua intervenire; ma per farlo, ti devi muovere con la giusta delicatezza, come vediamo ora.

b) Un atteggiamento autorevole

C’è poco da fare, con l’adolescente bisogna saper discutere; e una grossa fetta del lavoro riguarda l’abitudine di avergli trasmesso sin da bambino una notevole capacità di ascolto. Più si è stati assertivi e rigidi nel proprio ruolo di genitori, poco inclini all’ascolto, più la sua reazione sarà di chiusura; perciò ora bisogna imparare a fare un passo indietro qualora ciò non sia stato fatto al meglio, per armarsi di elasticità sufficiente a rinvigorire la sua capacità di ascolto verso di noi.

Questo significa che bisogna riuscire a modificare il proprio linguaggio, per accettare che, di riflesso, il suo sia più adeguato alla situazione. A undici, dodici, tredici anni e più, non è possibile pensare ancora di risolvere una faccenda con un lapidario “Fai così!”; ora bisogna saperlo sostituire con un “è preferibile che tu faccia così se vuoi ottenere questa cosa, altrimenti otterrai quest’altra”. Così facendo devi attendere che lui sperimenti per conto proprio la bontà del tuo consiglio; ed è proprio lì che si misura la tua autorevolezza: tanto più le tue previsioni e ipotesi si avvicinano alla realtà, tanto più tu sei credibile e, pertanto, autorevole ai suoi occhi.

Naturalmente tuo figlio o tua figlia non te lo dirà mai, e questa è l’altra difficoltà che incontri con l’adolescente; ma tu devi sapere che sebbene prima la tua “autorità” poteva essere abitualmente riconosciuta ed accettata da parte sua, ora quella “autorità” te la devi conquistare sul campo giorno per giorno, metro su metro, e si chiama autorevolezza.
È con questo approccio, di tipo autorevole, che puoi costruire una porta aperta verso l’adolescente; una porta che possa varcare senza ritrosie nel momento del bisogno, per ritornare realmente da te.

Questa porta va creata perché è già difficile per lui accettare di imboccarla, ma se in aggiunta tu gliela rendi ancor più stretta, sbarrata, o subordinata a delle condizioni insostenibili, sarà ben difficile che ti possa dare la soddisfazione di attraversarla anche una sola volta. Se esiste un modo per superare le incomprensioni tra genitori e figli in fase adolescenziale, ha queste caratteristiche.

c) Il tarlo del dubbio

Ora ti do qualche spunto su come la curiosità, fortissima in un adolescente, possa essere una leva potente per recuperare la sua attenzione.
Abbiamo detto che è in una fase di rigidità e non accetta compromessi, che ha sviluppato l’utilizzo di un ragionamento piuttosto elaborato e vuole il riconoscimento di una identità che, tutto sommato, non è ancora pienamente definita. Bene, ora proviamo a mettere insieme questi elementi per identificare un punto di forza; mi avvalgo di un esempio per renderti meglio l’idea sul principio che voglio trasmetterti.

Tanti anni fa, quando organizzavo centri estivi per ragazzi, ho fatto un’esperienza di due mesi in una splendida isola del mio territorio. I ragazzi che frequentavano il servizio avevano dai dodici ai quattordici anni, ed erano figli dei ristoratori e albergatori del luogo. Dai ragazzi il centro estivo era vissuto molto male, perché era un obbligo che dovevano scontare a causa della notevole attività lavorativa dei genitori durante il periodo estivo; avrebbero preferito di gran lunga rimanere a casa e andarsene in spiaggia tutto il giorno con gli amici. E invece dovevano rimanere con me al Centro per fare delle attività, tutti i giorni per otto ore.

Mentre con i bambini è opportuno dare una buona strutturazione alla giornata e alle attività di animazione, con gli adolescenti vale il contrario; la strutturazione deve essere minima, a mala pena percepita da loro, mascherata tra le attività. E così ho fatto, dando ai ragazzi la possibilità, sotto il mio controllo e secondo regole che ho proposto di condividere insieme, di personalizzare luogo e attività secondo i loro gusti e interessi. I musi lunghi del primo giorno sono spariti presto, perché le attività si sono fatte interessanti, ma naturalmente qualcuno di loro approfittava delle maglie larghe dell’organizzazione per stuzzicare e provocare gli altri; perciò ho dovuto trovare un rimedio nei momenti di transizione in cui si creavano questi disagi, come durante la pausa pranzo, subito dopo mangiato.

Un giorno, mentre finivamo di mangiare, ho detto ai ragazzi che ero in grado di vedere nel passato. Loro si sono messi a ridere e hanno iniziato a prendermi in giro. Con un atteggiamento molto serio, in perfetto stile british, ho rincarato la dose, specificando che riuscivo a guardare con i miei occhi una cosa accaduta nel passato. Non mi hanno creduto.
Perciò, ho detto che al termine della ricreazione lo avrei fatto vedere anche a loro. Da quel momento hanno iniziato a discutere tra di loro molto animatamente, dividendosi tra chi sosteneva che potessi avere ragione e chi invece sosteneva che stessi mentendo, o che ci fosse qualche trucco nelle mie parole.

Io sono andato nel mio ufficio a leggere il giornale; da lì vedevo tutto il gruppo, si trovavano seduti al tavolo in giardino a discutere insieme e fare ipotesi di ogni sorta sulla mia provocazione: c’era chi voleva capire il trucco della mia affermazione, chi suggeriva soluzioni fantascientifiche, chi rideva prendendo in giro le ipotesi degli altri. Sono rimasti lì fermi per tre quarti d’ora a divertirsi come matti; salvo venirmi a chiedere di tanto in tanto qualche indizio. Alla fine della pausa sono venuti da me per sentire la mia proposta. Siamo usciti in giardino, era una giornata stupenda; abbiamo superato la bella pineta e ho indicato loro il Sole. Non capivano. Allora ho spiegato che la luce che parte dal Sole e arriva sulla Terra impiega circa otto minuti per il viaggio, nonostante si muova a trecentomila km/s.

Pertanto, quello che vedevano non era realmente il Sole in quell’istante, ma com’era il Sole nel passato; precisamente, quello di otto minuti prima. Molti di loro sono rimasti entusiasti della risposta a cui li ha condotti la mia provocazione, hanno fatto una scoperta che poi li ha accompagnati per diversi giorni, con ricerche e laboratori che ne hanno ampliato gli stimoli. Altri, invece, speravano che avessi un trucco più stimolante, da poter riproporre ai loro amici. Qualcuno, poi, era deluso perché si aspettava una sorta di magia. Tutti però hanno passato un’ora molto stimolante e, per quanto mi riguardava, serenamente e in assoluta sicurezza.
Una volta instillato nella mente di un adolescente, il tarlo del dubbio produce un effetto a catena inarrestabile; bisogna solo trovare la leva giusta per farne un fattore di crescita.
I miei colleghi dell’anno precedente, avevano sudato sette camicie per gestire questi ragazzi, usando metodi anche piuttosto drastici, come rimproveri, punizioni ed altro, senza ottenere particolari gratificazioni. Io ho dato loro sistematicamente delle alternative alla noia, che facessero leva sulle loro potenzialità.

Ora che hai compreso meglio la prospettiva dalla quale partire per interagire con tuo figlio adolescente, disponi probabilmente di una visione un po’ più ampia per interpretare meglio ciò che accade nel rapporto tra adolescenza e genitori. Seguendo questi semplici accorgimenti, ti renderai conto non solo di avere una maggiore facilità nel vivere i momenti difficili del vostro rapporto, ma soprattutto che quel “bambino” che sta iniziando a crearti un forte disagio, in realtà è un “ragazzo” su cui, d’ora in avanti, puoi fare affidamento come mai in vita tua. Prima te ne rendi conto e meglio puoi affrontare il piacere di un rapporto umano che non è più di dipendenza a senso unico, ma che si basa anche su momenti sempre più frequenti di supporto reciproco.

I problemi con gli adolescenti sono nell’ordinario, ma lo sono anche quelli con i bambini; i problemi non vanno mai drammatizzati, ma razionalizzati. Il vero problema con gli adolescenti non sono le crisi adolescenziali in sé, ma il fatto di non avere la voglia di entrare in sintonia con questi eventi per governarli o magari imparare a prevenirli. Su questo, tu ora dovresti avere le spalle un po’ più coperte, perché sai qualcosa in più su come salvaguardare il rapporto genitori figli nell’adolescenza. Se oltre a questo vuoi anche comprendere quanto hai rafforzato le fondamenta del vostro rapporto fino ad ora o quanto le dovresti fortificare per improntare la vostra relazione ad una maggiore serenità, allora puoi scaricare l’ebook che metto a tua disposizione gratuitamente. Ti permetterà di non innervosirti più con tuo figlio e di imparare ad evitare gli errori più grossolani dei genitori.

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